Storia di flipper meccanici

di Bruno Zappaterra

Quand’ero ancora un ragazzino, forse 8-9 anni, ero solito andare ogni tanto in un bar del mio paese natio, vicino a Ferrara.

Il motivo era che questo bar era frequentato quotidianamente da molti studenti universitari o delle scuole superiori (Ferrara ha la terza università più antica del mondo) che spendevano letteralmente tutti i pomeriggi (specialmente d’inverno, col freddo e la nebbia) ed i loro soldi naturalmente a giocare con un meraviglioso flipper: il "Dragonette". Anch’io ero affascinato e condividevo le insidie, le chances e le vincite dei miei amici più anziani.

Ricordo un pò quella macchina: nel vetro una bellissima scena (per me) di una ragazza e sullo sfondo una taverna, nel piano di gioco alcune buche "prigioniere", illuminate di rosso, e soprattutto gente eccitata sempre intorno, specie i due giocatori.

Giocavano sempre in coppia, non per risparmiare (qualche volta anche per quello, naturalmente, perchè come tutti sanno a quel tempo gli studenti erano "sempre senza soldi", cosa che fra l’altro diede il nome ad uno degli angoli cittadini più famosi di Ferrara, vicino alle scuole, dove gli studenti spesso sostavano a bighellonare o a guardare il passeggio) ma bensì per due diversi motivi: c’era maggior eccitazione nel battere la macchina e sentire quel "tock" della vincita durante il gioco o alla fine con la "stella" della combinazione, poi perchè si era visto che era praticamente obbligatorio, o almeno era un grosso vantaggio, giocare in coppia per affrontare le difficoltà di gioco di una macchina molto veloce come il Dragonette.

In genere vincevano abbastanza per essere soddisfatti di aver speso in quel modo praticamente tutti i giorni i soldi dei loro genitori!

Conoscevano tutti i segreti della macchina, ogni rimbalzo e il momento adatto per spingere e forzare la traiettoria della pallina nel posto giusto. Qualche volta la parola oscena, incomprensibile "TILT" veniva fuori improvvisamente nel vetro, ma dopo aver tirato qualche accidenti ricominciavano a giocare. Ricordo che non si stancavano mai di quel flipper e quando fu sostituito con un altro ottimo modello Gottlieb si lamentarono a lungo protestando con il proprietario del bar.

Diventai più grande e una volta adolescente fui attratto da un’altro flipper Gottlieb che si trovava in un circolo universitario del mio paese. Era il "Silver".

Io e i miei amici non potevamo essere soci, entrare e giocare, anche per l’età. Ma con la curiosità ed il desiderio segreto di fare la stessa cosa, a volte si poteva entrare (bussando all’entrata) col permesso di guardare i nostri amici universitari giocare a carte (tipicamente a poker) e, naturalmente, con quel flipper! Dopo un pò di visione estatica e silenziosa, cominciammo a desiderare di giocare anche noi.

Uno dei miei amici ottenne da suo fratello la chiave della porta del club e quando avevamo qualche moneta da 50 o 100 lire da spendere (raramente!) eravamo soliti andare a quel club.

Programmavamo quelle scappatelle con molta cura, in genere nel primo pomeriggio di afosi giorni estivi, per poter essere soli e non rischiare di essere scoperti!

E ci godevamo con quella macchina esattamente come avevo visto in quel bar quando ero bambino!

Qualche tempo dopo, uno dei miei amici cominciò ad essere attirato dalla cassetta dei soldi dentro al flipper e poco a poco coinvolse qualcun’altro, me compreso, a pensare come avere quelle monete da 50 e 100 lire.

Cominciammo a guardare sul fondo che risuonava molto perchè era molto sottile e pensammo di tagliarlo proprio sotto alla cassetta dei soldi ma era troppo pericoloso e sicuramente saremmo stati scoperti subito.

Tentammo di staccare la barra frontale di legno ma sembrava essere troppo robusta: alla fine trovammo una buona posizione nella testata.

Staccammo la cornice superiore ed iniziammo a sollevare il vetro.

Ma si muoveva con difficoltà e quando era praticamente uscito tutto scoprimmo di aver causato una lacerazione verticale molto accentuata nel pannello!

Rinunciammo quindi al nostro tentativo di furto e vivemmo realmente terrorizzati per molto tempo (per la paura di essere incolpati!).

Per fortuna nessuno notò nulla e allora ricominciammo a giocare di nuovo col Silver.

Come in molti altri flipper dell’epoca (anni ‘50-60), quando c’è uno "special" acceso o si deve colpire un bersaglio per vincere una partita, il miglior modo per riuscirci è quello di bloccare la pallina tenendo premuto il tasto del flipper.

Lo facemmo molte volte, anche perchè alla fine di un’ottima e fortunata partita tutte le lettere accese (della parola SILVER) scomparivano e dovevamo colpirle di nuovo tutte tranne la prima, graziosamente offerta per grazia del progettista (o era una presa in giro della Gottlieb?) per poter accendere di nuovo lo "special".

Dai e dai una volta insistemmo troppo a lungo e il flipper rimase bloccato in tensione.

Scuotemmo e calciammo la macchina ma era troppo tardi e l’avvolgimento della bobina partì per sempre.

Da quel giorno sfortunato non avemmo più il coraggio neppure di ascoltare gente che parlava di "flipper".

Il tempo aggiusta tutto e accadde che il club dovette chiudere e il noleggiatore morì. Il segretario del club portò il flipper a casa sua e lo tenne sotto una tettoia per molto tempo, fermo.

Sapevo che l’aveva lui e gli dissi di darmelo in caso di bisogno.

Gli serviva del posto e non ricordo come, probabilmente con un camioncino, riuscii a portarlo a casa mia e lo misi in un magazzino, dove è ancora oggi.

Ero in paradiso ed iniziai ad aprirlo, ricordando che avevamo distrutto una bobina di un flipper!

Ero ancora un ragazzino, probabilmente di 13 anni o pressappoco e non sapevo molto di elettromagnetismo.

Usando il buon senso e l’intelligenza (non sono ancora in vendita al mercato!) pensai che era sufficiente conoscere la lunghezza dell’avvolgimento e il suo spessore per sostituirlo.

Vivevo in una grande casa con un lungo cortile, perciò legai un’estremità del filo da qualche parte e coprii quella distanza fino a svolgere completamente tutta la bobina.

Quindi la misurai e avvolsi alla buona a mano un nuovo avvolgimento che avevo trovato presso un riparatore di motori elettrici.

Dopo aver stagnato i fili la macchina lavorava meravigliosamente e perfettamente, per la gioia mia e dei miei amici.

Negli anni ho sostituito quella bobina "artigianale" con una originale di ricambio Gottlieb trovata a Ferrara da un noleggiatore locale, ma la conservo ancora in un cassetto di quel magazzino, dove il Silver è ancora, per la gioia mia e dei miei figli e nipoti, anche se ora ho 55 anni!

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